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Home Notizie Cultura A febbraio si rinasce dalle ceneri (25)

A febbraio si rinasce dalle ceneri (25)

Sardegna simbolica - Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

Carnevale di Ovodda

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Di Lorella Marietti

Febbraio in lingua sarda è chiamato Freàrgiu o Friaxu o anche Friarzu, dal verbo latino februare (purificare). In epoca romana, infatti, questo mese era legato alla purificazione rituale e alla rinascita della natura.

 

Lo scrittore latino Macrobio (IV-V sec.) spiega l’etimologia di febbraio in relazione all’agricoltura e alle commemorazioni funebri: un tema già esplorato per il mese di novembre, la cui ripresa esprime tutta l’importanza del nesso antico tra il lungo sonno (dei campi invernali e dei defunti) e la nuova vita (della primavera e di chi è passato nell’altro mondo).

 

Così a febbraio la terra veniva arata e bruciata – cioè purificata e rigenerata con le ceneri – per prepararla a nuovi raccolti, mentre in parallelo si celebravano altrettante cerimonie di purificazione per i propri morti, unendo simbolicamente la prosperità dei campi con quella della vita nell’aldilà.

 

Interessante notare che in molti paesi della Sardegna il primo giorno di Quaresima – il Mercoledì delle ceneri (su Merculis de cinixu, Mercuris de chijina o de liscia) – era anticamente introdotto dal canto dei “Goccius de sa bona morti che accompagnavano il rito dell’imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli.

 

Questi canti della buona morte ripetevano: “arregorda ca ses terra e terra as a torrai” – ricorda che sei terra e terra ridiventerai –  per rammentare che la vita è un passaggio e che vivere bene equivale a morire bene in vista della risurrezione finale.

 

Canti che aiutavano a percepire la Quaresima non solo come un cammino di purificazione spirituale lungo 40 giorni, ma anche come un allenamento a vivere cristianamente fino all’ultimo istante della propria vita, due aspetti richiamati dal segno visibile delle ceneri.

 

Tuttavia in Sardegna il Mercoledì delle ceneri ha anche un altro volto: quello degli abitanti di Ovodda, paese barbaricino nel quale questa giornata – qui chiamata Mehuris de lessia

non rappresenta l’inizio della Quaresima, bensì il culmine del Carnevale, in controtendenza con tutti i luoghi del mondo dove si chiudono i festeggiamenti nel giorno di Martedì grasso.

 

A Ovodda, invece, si scatena per le vie del paese un Carnevale spontaneo e un po’ folle in cui  l’imposizione delle ceneri diventa un rituale assai laico e diversamente catartico. Infatti, a chi arriva nella piazza principale, viene immediatamente imbrattato il viso con del sughero bruciato o cenere mista ad olio: un gesto tutt’altro che penitenziale, che introduce abitanti e visitatori in una festa di cui si accetta il caos e l’anarchia.

 

Se nella tradizione cristiana il Mercoledì delle ceneri è dedicato al digiuno, alla preghiera, al silenzio interiore e ai gesti di carità, nella tradizione ovoddese diventa una giornata in cui un’intera comunità si concede un’insolita permissività di comportamento, personale e collettivo, travestendosi nei modi più stravaganti, abbandonandosi a lazzi e gesti irriverenti, urla, rumori assordanti, solenni bevute collettive di vino, cibo e balli.

 

L’imbrattamento del viso rende tutti co-protagonisti di un bizzarro corteo autogestito, privo di ogni forma di organizzazione (né istituzioni né comitati, tutto sta nell’improvvisazione del momento), che si concluderà al tramonto con il processo e il rogo di Don Conte: un gigantesco e grottesco fantoccio antropomorfo maschile, talvolta ermafrodito, dotato di un enorme fallo e di un pancione, portato in giro su un carretto e accusato di tutti i mali della comunità.

 

Continuamente offeso, deriso, apostrofato sarcasticamente, minacciato, colpito con bastoni e oggetti vari, Don Conte viene alla fine bruciato fuori dal paese e gettato in una scarpata: la sua eliminazione è vissuta come un atto di giustizia sociale o, come dicono gli antropologi, è un rito catartico che trasforma e rinnova la collettività.

 

Infatti il bruciamento del Re Carnevale e di altre figure analoghe, come appunto Don Conte, ha un valore purificatorio e simboleggia una sorta di capro espiatorio sul quale vengono riversati i mali accumulati durante l’anno.

 

Il termine “capro espiatorio” deriva dal rito ebraico compiuto nel giorno dell’espiazione (kippūr) e descritto nel Libro del Levitico, dove si legge che Aronne prende due capretti, uno da offrire a Dio sull’altare e l’altro caricato dei mali e delle colpe della comunità per essere mandato in un burrone del deserto. Il secondo capretto è detto espiatorio poiché ha la funzione di liberare e purificare la comunità.

 

In un certo senso si potrebbe dire che il “mehuris de lessia” di Ovodda rappresenta il secondo capretto – anche Don Conte prende su di sé i mali della comunità, viene allontanato dalla comunità e precipita in un dirupo – mentre il quaresimale Mercoledì delle ceneri potrebbe, a sua volta, esser paragonato al capretto destinato alla liturgia.

 

Si potrebbe pure affermare che la comunità ovoddese vuole rinascere dalle ceneri di don Conte così come l’assemblea liturgica quaresimale vuole passare dal segno delle ceneri alla resurrezione della Pasqua. Due istanze che si manifestano con due modalità opposte: da un lato la trasgressione e l’esteriorizzazione, dall’altro la sobrietà e l’interiorizzazione.

 

In realtà, a ben vedere, queste due modalità racchiudono una potenziale complementarietà. Il padre della psicologia analitica, Carl Gustav Jung, considera il Carnevale come uno spazio in cui la persona si palesa nei suoi lati più nascosti, nelle sue ombre, nel suo caos interiore, nei suoi desideri celati, nelle emozioni profonde, nelle aspirazioni tacitate, nei contenuti rimossi. In altre parole, come diceva Oscar Wilde, “ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”.

Prendere coscienza di queste dinamiche può essere il primo passo per mettersi in discussione e rimettersi in gioco, perciò in quest’ottica si può vedere la Quaresima come lo spazio successivo in cui mettere ordine e chiarezza in sé stessi, attraverso la preghiera e gli altri mezzi spirituali, per concedersi nuovi inizi.

 

Nei tempi passati sembrava esserci una maggiore sapienza in tal senso e l’alternanza Carnevale-Quaresima sembrava avere una funzione quasi terapeutica di emersione e purificazione dell’inconscio individuale e collettivo. Ma oggi quanto è rimasto di tutto questo?

 

 

Immagine: Ovodda, il Mercoledì delle ceneri, foto di Corrada Onorifico.

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