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Home Notizie Cultura Sant’Elena, la madre di Costantino il Grande era nata in Sardegna da una famiglia di origine greca? (20)

Sant’Elena, la madre di Costantino il Grande era nata in Sardegna da una famiglia di origine greca? (20)

Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

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Di Lorella Marietti

La Sardegna patria di Sant’Elena: è una delle ipotesi toccate nel convegno “Sant’Elena. Storia, figura, devozione” che si è svolto a Quartu Sant’Elena presso l’Auditorium della Basilica intitolata alla Santa Imperatrice Patrona della città, durante i festeggiamenti annuali che si concluderanno domenica 17 settembre.

 

Di sicuro la gloria d’aver dato i natali alla madre del primo imperatore cristiano, vissuta fino al 328-329, fu ambita da varie province e città. Come ha illustrato Piergiorgio Floris, docente di storia romana dell’Università di Cagliari, tra i luoghi ritenuti più probabili vi sono Naisso (in Serbia), città del futuro padre di Costantino, e Drepanum in Bitinia (attuale Turchia), cittadina a cui Costantino darà il nome di Elenopoli in onore di sua madre.

 

Luca Sarriu, archivista dell’Archivio Storico di Quartu Sant’Elena, ha spiegato che l’origine sarda di Elena è stata avanzata e argomentata nel 1653 in un libro scritto dal cagliaritano Agostino Tola. Vi sono pure degli antichi Goccius in cui la santa era detta “sarda”.

 

Secondo la tradizione, la chiesa paleocristiana di San Saturnino a Cagliari sarebbe stata fatta costruire da Costantino proprio su richiesta della madre, che del resto contribuì insieme al figlio all’edificazione di molte chiese, tra cui la Basilica dell’Anastasis (detta anche del “Santo Sepolcro”) a Gerusalemme e le Basiliche della Natività a Betlemme e dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi.

 

Certamente in Sardegna il culto di Sant’Aleni è antichissimo ed è giunto qui molto tempo prima che nel resto d’Italia e d’Europa, trovando una straordinaria accoglienza. A quanto pare l’isola era arrivata ad avere più di 250 chiese intitolate alla madre di Costantino e ancora oggi la regione sarda è quella che ne ha di più, sparse un po’ ovunque: da Cagliari (Sant’Alenixedda) a Tiana, da Benetutti a Tula, da Sadali a Mulargia, fino ai ruderi rinvenuti a Villaputzu, Siliqua e Lotzorai. Inoltre, la Sardegna può vantare il primato di ospitare l’unica basilica dedicata alla santa, quella appunto di Quartu Sant’Elena.

 

Una particolarità del culto sardo di sant’Elena è stata messa in rilievo dal parroco don Alfredo Fadda e riguarda la data della festa che, nella basilica di Quartu come nelle Chiese bizantine e greche, si celebra il 21 maggio, mentre nella Chiesa latina ricorre il 18 agosto.

 

Ma c’è un’altra peculiarità: in Oriente la festa del 21 maggio vede riuniti sant’Elena e san Costantino, mentre in Sardegna i due culti sono separati, cosa che ha fatto pensare che siano stati introdotti nell’isola prima che l’imperatore bizantino Leone III Isaurico decretasse, nel 733, l’unione del culto dei due santi.

 

Infatti, nelle icone orientali madre e figlio sono spesso raffigurati insieme, in piedi ai lati della Croce, richiamando così l’importanza che questa ebbe nelle loro vite e nello sviluppo stesso della Chiesa, basta pensare al sogno profetico di Costantino in cui la visione della Croce cambiò le sorti del nascente cristianesimo e, anni dopo, il ritrovamento della medesima attribuito ad Elena durante gli scavi sul Golgota.

 

A questo proposito si può rimarcare che, a Quartu, la santa è festeggiata anche il 14 settembre, giorno in cui tutte le Chiese dell’Oriente e dell’Occidente celebrano l’Esaltazione della Santa Croce, festività originariamente nata per ricordare il giorno storico della dedicazione delle due basiliche costantiniane del Martyrion e dell’Anastasis a Gerusalemme. Ma il 14 settembre è importante anche per un altro motivo.

 

Secondo la tradizione cristiana è il giorno in cui, nel 320, Elena ritrovò sul Golgota la Croce di Cristo menzionata nel Vangelo – quella recante il titulus INRI in tre lingue – e un frammento di questa santa reliquia è custodito nella Basilica quartese.

Il 14 settembre è anche il giorno della delibera comunale del 1862 con cui Quartu aggiunse al suo nome quello della Santa Patrona divenendo, così, Quartu Sant’Elena.

 

Enrico Fenu, funzionario archivista della Soprintendenza archivistica della Sardegna, ha evidenziato la mancanza di studi approfonditi sul culto di Sant’Elena in Sardegna, sicuramente pochi rispetto a quelli sulla devozione isolana verso il figlio Costantino.

Interessanti in tal senso i Condaghi sardi, cioè i registri patrimoniali medievali dei monasteri isolani, dove ricorre più volte il nome Elena in sardo (Elene, Elenedda, ecc), portato sia da serve che da donne di ceto più alto, a conferma dell’espansione del culto.

 

La diffusione trasversale del nome Elena presso le donne sarde fa pensare alla vita stessa di questa Santa, che ha incarnato i due estremi sociali passando dalla condizione di semplice popolana a quella di augusta imperatrice, vivendo i mutamenti di sorte tipici della sua epoca e trasformandosi, come ha detto il prof. Floris, in una figura esemplare della società di quel tempo.

 

Una Cenerentola senz’altro atipica. Lasciata dal suo principe azzurro per ragioni di Stato e incoronata, a sorpresa, molti anni dopo, dal figlio amatissimo che le diede il titolo più alto a cui si potesse aspirare. Donna che si fece archetipo di Stato e di etica, utilizzando il tesoro imperiale per l’assistenza materiale e morale ai poveri e ai bisognosi. Senza contare che non ci è dato sapere quanto abbia influito sul figlio nell’emanazione dell’Editto di Milano che nel 313 riconobbe la libertà di culto al cristianesimo. Donna indipendente fin dall’inizio, quando era solo una stabularia (taverniera), e fino alla fine, quando intraprese da sola a 78 anni il suo pellegrinaggio in Terra Santa.

 

Una figura che, a ben vedere, mostra molte affinità con la cultura del matriarcato sardo, in cui la madre è autonoma nella conduzione della casa, della famiglia e nella gestione del patrimonio domestico, rendendo possibile un’organizzazione indirizzata ai bisogni di ciascuno.

E, anche in assenza dell’uomo, sa affrontare con coraggio e tenacia mille difficoltà a testa alta e senza mai arrendersi. Una somiglianza che contribuirebbe a spiegare il grande amore del popolo sardo per sant’Elena e l’ampia diffusione del suo culto.

 

Immagine: Simulacro di Sant’Elena, all’interno della basilica quartese omonima, fotografia di Massimo Salvau.

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