Giovedì 8 giugno, si festeggia il tax freedom day (giorno di liberazione fiscale).
Quello appena concluso è l’ultimo weekend dell’anno in cui i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco.
Secondo un’indagine realizzata dall’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA) di Mestre, nel 2023 sono stati necessari 158 giorni di lavoro, sabati e domeniche inclusi, per adempiere a tutti i versamenti fiscali di quest’anno (Irpef, Imu, Iva, Irap, addizionali varie, contributi previdenziali, assicurativi, etc.).
La stima del Pil nazionale prevista quest’anno (2.018.045 milioni di euro) è stata suddivisa per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero di 5.528,9 milioni.
Le previsioni di gettito delle imposte, delle tasse e dei contributi, 874.132 milioni, sono state rapportate al Pil giornaliero.
Il tax freedom day del 2023 viene così calcolato dopo 158 giorni dall’inizio dell’anno, ovvero il prossimo 8 giugno.
In linea teorica, infatti, mercoledì 7 giugno, i contribuenti italiani terminano di lavorare per pagare tasse, imposte, tributi e contributi sociali necessari a far funzionare scuole, ospedali, trasporti, stipendi ai dipendenti pubblici, pensioni, etc.
“In altre parole- spiega il comunicato della CGIA- se dall’inizio di gennaio al 7 giugno abbiamo lavorato per onorare le richieste del fisco, dal giorno successivo e fino al prossimo 31 dicembre, invece, lo facciamo per noi stessi e per le nostre famiglie”.
A giugno i contribuenti dovranno affrontare quello che la CGIA giudica un “ingorgo fiscale” con 115 scadenze, in media 4 al giorno.
Nel 2022, quando la pressione fiscale ha raggiunto il record storico, il “tax freedom day” cadeva il 9 giugno.
Lo scorso anno solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro.
A Parigi la pressione fiscale era al 47,7 % del Pil, a Bruxelles al 45,1 %. In Italia invece, ha toccato la soglia record del 43,5%.
La media dei Paesi dell’Area dell’Euro è stata del 41,9%. Il picco record di pressione fiscale toccato l’anno scorso, non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto a famiglie e imprese, ma ad una serie di altri fattori che si sono concentrati nel 2022.
In particolar modo: l’impennata del costo dei prodotti energetici importati, e l’aumento dell’inflazione hanno spinto verso l’alto l’Iva. Il tax freedom day non è uguale in tutta Italia.
Il nostro sistema tributario è basato sulla progressività, dunque le regioni e le province autonome più ricche pagano più tasse.
Il primato spetta a Bolzano, Lombardia, Valle D’Aosta, Emilia-Romagna e Lazio.
Il peso del fisco è invece più contenuto in Calabria.
I contribuenti sardi pagano ogni anno, in media 6.959 euro a testa di tasse.
Di questi 5.912 vanno alle amministrazioni centrali, 424 alla Regione e 623 alle amministrazioni locali.