Nell’immaginario collettivo la familiare sigla “Battisti-Mogol”, in particolare su chi si diletta navigando quotidianamente nell’universo delle 7 note, riveste la stessa potenza ispiratrice di “Lennon-McCartney” o “Jagger-Richards”.
A livello mondiale questi ultimi, grazie alla loro lingua madre, hanno avuto e hanno tutt’oggi una maggiore diffusione, è vero.
Ma ciò non toglie niente alla straordinaria bellezza delle composizioni del duo italiano.
Per uno come me, cresciuto consumando letteralmente i vinili dei 4 di Liverpool, con il passare degli anni si è cristallizzata la convinzione che molte delle opere di Lucio Battisti viaggino a pari merito con quelle dei ben più famosi e blasonati musicisti britannici.
Anzi, in molti casi, le superano ampiamente sia a livello musicale sia letterario.
La combinazione armonica che scaturisce dalle melodie e voce di Battisti e dalle parole di Mogol, specialmente nelle opere più dense e drammatiche, lascia nell’ascoltatore quella rarefatta, indefinibile sensazione di irraggiungibilità stilistica tipica del genio assoluto.
Le similitudini e le allegorie letterario-musicali spaziano dal naif alla ricercatezza più sofisticata, veri e autentici marchi di fabbrica di Battisti-Mogol, in particolare nelle composizioni del decennio 1970-1980.
La genuina bellezza letteraria delle parole si amalgama perfettamente con le melodie, dando vita ad un unicum nella musica popolare (nel suo significato più alto) del secolo scorso. E non solo in Italia.
Oggi, 5 marzo, Lucio Battisti avrebbe compiuto 80 anni, essendo nato a Poggio Bustone in questo giorno del 1943.
Manca al mondo dei vivi, cioè a noi, dal 9 settembre 1998 ma le sue opere sono ben presenti nella mente e nei cuori di milioni di persone.
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.