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CULTURA – Il “Canto sardo a chitarra”

La "gara" si basa tutta sulla poesia d'amore

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Di Salvatore Satta

La “gara di canto sardo a chitarra” è tutta basata sulla poesia d’amore.

 

Tranne i ‘’muttos de disprètziu’’ che ormai non si cantano più, tutto parla d’amore, utilizzando le forme metriche e le poesie cristallizzate dalla tradizione.

 

Gli ottonari del Canto in RE, pilastro di tutta la gara e infatti riproposto più volte (all’inizio, a metà e alla fine, portato avanti ad oltranza a richiesta degli appassionati), delle Caddhuresas, delle Filugnanas, dei Canti Classici e delle Corsicanas, gli endecasillabi della Nuoresa (a volte alternati ai settenari) e della Disisperada e i settenari dei Muttos.

 

Però è il ’’DO’’ che rappresenta l’apice del canto sardo, in quanto ad estensione vocale ed a fiato, e viene cantato in due, in tre od in quattro ‘’a boghe furada’’, mantenendone le caratteristiche distintive, ma con florilegi sempre diversi, a seconda dell’estro momentaneo dei cantanti .

 

Il ‘’DO’’ si raggiunge sia dalla Logudoresa (canto in RE), che dalla Nuoresa (canto in FA).

 

Nel canto a chitarra incontriamo la famosa disarmonia, anche se può sembrare una contraddizione in termini, del canto sardo.

 

Soprattutto nei cantanti più antichi, l’orecchio sente, in determinati passaggi, di essere di fronte ad una nota che produce un suono instabile, aspro e stridente, spigoloso, che necessita di essere seguito da un’ulteriore serie di suoni per arrivare ad una sensazione di stabilità e di appagamento, producendo l’aspettativa che una melodia si ‘’risolva’’ in una certa nota diversa, ma altrettanto adatta, creando un suono interessante e inaspettato.

 

Per poter seguire il cantante, gli strumentisti ricorrono al ‘’risolvente RE’’ ed al ‘’risolvente FA’’ .

Perché è il cantante che decide testi, tempi e modo di interpretarli.

 

Cantante, che non ha studiato musica, ma che ha sviluppato una sua capacità innata al canto, magari affinandola o apprendendola direttamente dagli usignoli; come nel caso, per sua stessa ammissione, di zio Antonio Nuvoli di Ploaghe.

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