L’Italia è da sempre leader nel campo agroalimentare ed il numero delle sue eccellenze certificate, con 324 prodotti DOP, IGP e STG e 526 vini tra DOCG, DOC e IGT, non lascia adito a nessun dubbio.
La cucina italiana, con la dieta mediterranea, ha reso celebri nel mondo il nostro stile alimentare e per la sua valenza è stata dichiarata anche patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO.
Settore agroalimentare che non è una voce a se, ma è l’aggregato costituito da agricoltura e pastorizia, con le relative industrie di trasformazione e dei servizi annessi e che per in nostro sistema economico rappresentano non più solamente una locomotiva, ma addirittura una corazzata produttiva ed economica.
Infatti da una recentissima analisi effettuata dalla Fondazione Edison, che fornisce dati molto accurati ed aggiornati sull’industria agroalimentare, emerge che l’Italia è ancora la locomotiva dell’Eurozona, con un PIL (Prodotto Interno Lordo) migliore rispetto alle sei economie “avanzate”, quali il Giappone, gli USA, Francia, Germania e Gran Bretagna.
E’ forse l’unico settore in continua crescita, con una previsione del 8% per il 2023 e del 5,7% per il 2024, a dimostrazione che è un settore in ottima salute, rispetto ad altri che stanno mostrando dei rallentamenti non indifferenti.
Il tutto sta portando ad un cauto ottimismo per il futuro, perché è sempre più forte l’evidenza, ben tangibile, di un aumento costante dei costi con una conseguente imprevedibilità per il futuro.
Non solo per la Sardegna, ma anche per tutto il territorio nazionale, in questo 2023 le produzioni agricole, in generale, sono state penalizzate da diversi fattori, tra cui i principali sono le avversità climatiche e l’indiscriminato aumento dei prezzi delle materie prime e dei fattori energetici.
Avversità che si sono mostrate inizialmente con lunghi periodi siccitosi, cui hanno fatto seguito piogge torrenziali ed alluvioni, e subito dopo alte temperature per lunghi periodi, tipo l’anticiclone Caronte.
Alternanze di varie avversità che hanno influito seriamente sulla produttività agricola.
Aumenti di prezzo determinati sia da tensioni geopolitiche internazionali, come la crisi Russia-Ucraina, che hanno gravato pesantemente sull’impennata dei prezzi di molte materie prime, come mangimi e fertilizzanti, ed anche sui prodotti energetici, come il petrolio e la stessa energia elettrica e che da noi, in Sardegna, si sono fatti sentire molto seriamente.
La concomitanza di quanto detto ha portato, conseguentemente, ad aumentare il prezzo di vendita del prodotto agricolo, per superare questa delicata fase economica.
Ad aiutare il settore agroalimentare ci ha pensato anche l’esportazione, dove il fatturato è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni e con una progressione maggiore negli ultimi tre anni.
Strano ma vero, il periodo Covid ha aiutato il settore.
L’export agroalimentare rappresenta oggi ben il 10% delle esportazioni complessive italiane, e non è roba da poco!
Con prodotti alimentari, bevande e tabacco che da soli coprono circa l’85% delle intere esportazioni del settore agroalimentare.
In particolare, i sette principali prodotti commercializzati verso l’estero e che esprimono il meglio dell’offerta agroalimentare , sono i prodotti che esaltano e valorizzano la tradizione e la loro origine e che garantiscono la qualità quali vini, pasta e riso, ortaggi e frutta e loro preparazioni, prodotti da forno, formaggi e latticini, conserve animali e cioccolata con altre preparazioni con cacao.
Sette prodotti che si configurano come il massimo della qualità dell’agrifood made in Italy e che incidono per ben 31 mld di euro dell’export dell’agroalimentare italiano.
Ma come vanno le cose in Sardegna?
Abbiamo 8 tra prodotti DOP e IGP che sono l’eccellenza della nostra produzione agroalimentare, una unica DOCG in Gallura e ben 22 vini tra DOC e IGT, oltre a svariati Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Sardegna, senza considerare le produzioni biologiche.
Di fatto, in Sardegna, l’agroalimentare è la prima filiera come numero di imprese, circa il 32% del totale, con un contributo di imprese ed addetti nettamente superiore alla media nazionale, che è pari al 21%.
La Sardegna è tra le prime 5 regioni italiane legate all’agrifood, con un trend in crescita, negli ultimi 6 anni, superiore al 1,3%.
Trend legato prevalentemente alla commercializzazione del suo Pecorino Romano Dop ed al suo comparto di origine, il comparto agropastorale, che vede sempre più addetti entrare nella filiera, dovuto ad azioni collegate al PSR ed in particolare alla Misura 6.1 per l‘insediamento dei giovani in agricoltura, che seppur utilizzata in maniera non proprio ideale, sta contribuendo a favorire l’insediamento di nuovi soggetti nel settore.
Da notare che seppur le imprese, come numero, siano ubicate prevalentemente in Provincia di Sassari, cui seguono Cagliari, Nuoro ed Oristano, la filiera agroalimentare appartiene invece per quasi il 50% alla Provincia di Nuoro, cui seguono Oristano e Sud Sardegna, Sassari e fanalino di coda la Città metropolitana di Cagliari.
Per quanto concerne l’occupazione, considerato che nel settore primario si ha a che fare prevalentemente con ditte individuali, abbiamo una ripartizione di 1 addetto per impresa, contro i 5,6 addetti per la trasformazione e di 3 addetti nella commercializzazione.
In sintesi si può dire la Sardegna, grazie al Pecorino Romano Dop che continua a trainare al rialzo il prezzo del latte ovino, con il vino e l’olio sempre più commercializzati, non sfigura assolutamente a livello nazionale.
È necessaria però, per non perdere le posizioni acquisite, non solo l’azione e la volontà degli imprenditori, ma anche una migliore e più oculata analisi trasversale, specie da parte di chi politicamente dovrebbe farlo ed invece guarda dall’altra parte, coinvolgere gli attori della filiera, partendo dalla produzione per arrivare alla trasformazione e commercializzazione, per creare situazioni ad alto valore aggiunto, sia economico ma anche sociale, per tutto il territorio.