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CORRISPONDENZE POETICHE SARDE – Risale al 1873 la prima, del portotorrese Antonio Chessa

L'apice fu l’entrata in scena del capo-scuola dei poeti maledetti, Bore Poddighe di Dualchi

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Di Salvatore Satta

Le corrispondenze poetiche, in certi periodi, hanno costituito, in Sardegna, motivo di polemiche e di contrasti anche sanguinosi, arrivando, perfino, sull’orlo dello scontro etnico tra comunità protraendosi per anni.

 

Si tratta di componimenti poetici dalla metrica più disparata e dagli argomenti più vari.

 

Erano innescate, generalmente, non solo da poeti che intendevano affermare le loro convinzioni politico-religiose e filosofiche ben radicate, ma, soprattutto, da equivoci e da supposizioni.

 

Dal punto di vista poetico lasciavano a desiderare, ma erano ricche di informazioni frutto di letture e studi approfonditi, anche sotto il profilo dottrinale.

 

La prima di queste corrispondenze risale al 1873 e si deve al portotorrese Antonio Chessa.

Asseriva che, condotto da un angelo, aveva visitato l’inferno per sette ore.

 

A questa poesia risposero, chi in polemica e chi a favore, poeti di tutta l’isola, con in testa il grande Antonio Domenico Migheli di Osilo, secondo molti, il vero bersaglio della ‘’Contesa’’, prolungatasi per una quarantina d’anni, provocando vari provvedimenti da parte delle autorità ecclesiastiche per il loro contenuto anti-clericale (ricordiamo che siamo nel periodo della riforma protestante).

 

Dopo ci furono le corrispondenze poetiche di Pittanu Moretti sotto forma di ‘’modellos’’ che si innestano, in seguito, con le polemiche dei primi socialisti rivoluzionari, dei poeti minatori impegnati politicamente e sindacalmente, per raggiungere l’apice con l’entrata in scena del capo-scuola dei poeti maledetti: Bore Poddighe di Dualchi, trasferitosi, fin dall’età di 18 anni, ad Iglesias per fare il minatore.

 

La pubblicazione della sua ‘’Mundana Cummedia’’ e di ‘’Su Deus sutt’a prozessu’’ scatenò una miriade di reazioni, con l’intervento di numerosi poeti, tra critiche e contro-critiche, intollerabili per il Regime Fascista e per le Gerarchie Ecclesiastiche che, con censure, impedimenti al lavoro, discriminazioni e persecuzioni varie, spinsero lo stesso Bore Poddighe a togliersi la vita.

 

Esistono altre corrispondenze poetiche che hanno come argomento fatti della vita reale, ma non posseggono quella pregnanza semantica e la tensione morale di quelle risalenti al secondo ottocento e al primo novecento.

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