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ANTROPOLOGIA – Sacrifici umani e chirurgia nella Sardegna arcaica

Anche la Civiltà Sarda non si è sottratta a questo tipo di cerimoniali.

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Di Salvatore Satta

L’offerta di una vittima sacrificale per ingraziarsi la divinità è usanza comune a tutte le civiltà del mondo, ognuna delle quali l’ha elaborata, in modo più o meno cruento, secondo la propria cultura e le proprie credenze.

 

Oltre ad animali in un numero di particolare significato per la comunità e che avessero avuto determinate caratteristiche, si ricorreva a sacrifici umani.

 

Anche la Civiltà Sarda non si è sottratta a questo tipo di cerimoniali.

 

Ormai se ne trova traccia soltanto in alcune maschere del Carnevale, la più eclatante di esse è certamente ‘’su battileddhu’’ di Lula, il quale porta, tra le corna di caprone, frattaglie sanguinolente, viene percosso a morte risorgendo sempre, come tutta la Natura ed ha sotto gli indumenti un otre pieno di vino nero che, adeguatamente pungolato, lascia andare il liquido contenutovi ad imitazione del sangue.

 

Secondo alcune fonti, l’usanza di compiere sacrifici umani in onore del dio, si è mantenuta in Sardegna fino al 1700.

 

L’individuo prescelto era considerato proprietà del dio e con questo sacrificio si intendeva saldare un debito, restituendolo al legittimo proprietario.

 

Si trattava di persone fisicamente integre, ma con gravi problemi psichici e, proprio per questo, considerate possedute dalla divinità, con cui erano in comunicazione diretta.

 

In alcuni siti archeologici sardi sono stati rinvenuti raffinatissimi strumenti chirurgici con cui era possibile effettuare le trapanazioni craniche.

 

Mentre in altri siti sono state ritrovate delle ossa del cranio con tanto di trapanazioni riuscite e cicatrizzazioni ossee che testimoniano la sopravvivenza del ‘’paziente’’.

 

Perché i Sardi, dimostrando di avere avanzatissime competenze chirurgiche fin dall’Età del Rame (circa 3000 a.C., anche se le datazioni preistoriche dovrebbero essere riviste all’indietro), anziché sacrificarle, hanno cercato anche di liberare, escluso che si volesse rimuovere un ematoma extra-durale, queste persone dallo spirito della divinità, creando una via di fuga cranica al suddetto spirito, per cercare di riportarle ad uno stato di normalità.

 

Nella foto: Caravaggio, “Sacrificio di Isacco” (1603 c.)

 

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