CAGLIARI > Nessuno mai, malgrado già da diversi mesi circolassero voci di infrazioni nella rendicontazione, avrebbe ipotizzato che la ripresa dei lavori del Consiglio regionale dopo le festività sarebbe stata caratterizzata dalla potenziale e molto realistica ipotesi della decadenza della massima assemblea sarda e successivo ritorno alle urne.
Uno scenario che si è materializzato come un’incubo sia nello scenario politico, regionale e nazionale, sia in quello squisitamente amministrativo, minando alla base tutto ciò che a decorrere dal 3 gennaio potrebbe (il condizionale è come non mai d’obbligo) costituire materia di impugnazione o ricorso, a seconda dell’epilogo che avrà questa inedita, quanto inverosimile, impasse istituzionale.
Già il fatto che ad oggi non si siano verificati casi simili in Italia, porta a non avere una casistica giurisprudenziale tale che possa aiutare a dipanare i molti dubbi e le incertezze sull’iter da seguire e quali siano le competenze e le prerogative di ciascuna delle parti in causa.
Se siano state oppure no commesse infrazioni, tali da comportare la richiesta di decadenza della Governatrice e di conseguenza di tutti i 60 Consiglieri regionali, saranno gli organismi deputati a fare chiarezza, cosa che potrebbe richiedere molto tempo, forse anni.
È nell’immediato futuro che il soldo della “vexata quaestio” crea indecisione e problematiche, che vanno ad incidere sull’attività quotidiana dell’intero apparato regionale e quindi materialmente sui cittadini sardi che attendono risposte su tutta una serie di problematiche impellenti: sanità, trasporti, agricoltura, energie rinnovabili.
Così, mentre i legali della governatrice preparano i ricorsi contro la decisione del Collegio di Garanzia, ,
l’Assemblea regionale sarda si prepara ad affrontare la situazione, che rappresenta, come detto, un unicum a livello nazionale.
L’ordinanza-in giunzione che rischia di far saltare tutta la XVIIesima legislatura regionale arriverà sul tavolo della Giunta per le elezioni del Consiglio regionale già da stamane, con a margine un incontro informale tra il presidente del Consiglio, Piero Comandini e Giuseppe Frau, che presiede il “parlamentino”.
Oltre che da Giuseppe Frau (Uniti per Alessandra Todde) la Giunta per le elezioni e composta dai Consiglieri regionali Roberto Deriu (PD), Salvatore Cau (Orizzonte Comune), Giuseppe Marco Dessena (Alleanza Verdi e Sinistra), Gianluca Mandas (Movimento 5 Stelle), Alessandro Sorgia (Misto), Piero Maieli (Forza Italia), Stefano Tunis (Sardegna al Centro 20.Venti), Antonello Floris (Fratelli d’Italia).
È sul ruolo e prerogative del «parlamentino» che in queste ultime ore si è concentrato il dibattito tra politici e giuristi.
Da una parte chi sostiene che l’organo consiliare non possa fare altro che prendere atto della decisione del Collegio elettorale di garanzia e dall’altra chi è convinto che l’Assemblea di via Roma possa anche non ratificare la decadenza di Todde.
«Secondo la Corte costituzionale la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà solo nel momento in cui il provvedimento diventerà definitivo», ha spiegato Giovanni Guzzetta, professore ordinario di diritto pubblico all’Università Tor Vergata di Roma. Quindi in questa prospettiva -sottolinea il giurista- immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto bisognerà attendere i vari gradi di giudizio e potrebbero passare mesi.”
“Comunque – sostiene sempre Guzzetta – il Consiglio regionale non ha particolari poteri che gli consentano di stoppare la decadenza di Todde. Su questa materia c’è molta confusione, perché si tende a pensare in modo analogo a quello che vale per i due rami parlamentari, Camera dei Deputati e Senato. C’è una fondamentale differenza.”
“Le Camere, infatti, sono organi costituzionali e la Costituzione riserva a esse, in via esclusiva, la valutazione della decadenza. Lo stesso principio non vale per i Consigli regionali, le cui deliberazioni sono impugnabili davanti al giudice ordinario” ha spiegato Guzzetta.
Ma c’è anche un piano penale.
L’ipotesi, non ancora ufficializzata, sarebbe quella di falso per una fattura da 153 euro di fornitura elettrica, mai rendicontata, e per alcune dichiarazioni sulla provenienza dei fondi elettorali in seguito rettificate dalla stessa Todde nella memoria difensiva depositata il 3 dicembre.