La Direttiva UE sull’efficienza energetica, nota più semplicemente come Direttiva Case Green, impone a tutti gli Stati membri di intervenire per il miglioramento energetico degli edifici residenziali.
Miglioramento che prevede, già per tutti gli edifici di nuova costruzione a partire dal 2028, di essere a zero emissioni.
Invece, per gli edifici residenziali già esistenti, impone, o meglio imponeva, una ristrutturazione, con cadenze temporali, legata al raggiungimento della classe energetica da raggiungere, pena sanzioni abbastanza importanti.
In particolare tutte le residenze dovevano essere nella classe E entro il 2030 e nella classe D entro il 2033, per arrivare al 2050, per essere tutte a zero emissioni.
Considerato che secondo dati ENEA, il 74% degli edifici in Italia, ossia 11 milioni di immobili, sono in classe inferiore alla D e ben il 15% in classe G, pari a circa 2,3 milioni di immobili, si tratterebbe di un’operazione ciclopica, non facilmente realizzabile, anche per l’evidente l’enormità dei costi di ristrutturazione previsti….
L’Itala, in fase di votazione comunitaria, si è mostrata subito contraria alla direttiva, sia per le grandi differenze abitative esistenti tra Nord e Sud, a livello storico e culturale, ma anche per le differenze climatiche, specialmente se queste differenze vengono paragonate alle altre Nazioni Comunitarie, particolarmente del Nord Europa, dove non sono così smaccate.
In Sardegna la situazione non è diversa, rispetto al resto dell’Italia.
Abbiamo un patrimonio immobiliare di 978.437 unità abitative, di cui oltre 367 mila con oltre 50 anni, di cui circa 46.700 residenze costruite ante 1920, di cui alcune realizzate anche in pietra ed abbiamo la presenza di oltre 140 mila unità in classe energetica G, ossia la più bassa possibile. È evidente che la situazione in Sardegna non è per niente rosea.
Certamente “lo spirito” della Direttiva comunitaria, è positivo, vuole far ridurre l’impatto ambientale delle abitazioni e vuole migliorare il comfort abitativo dei cittadini, ma ci vuole moderazione e servono tanti tantissimi soldi.
Fortunatamente, dopo diversi mesi di terrorismo green, giovedì 12 ottobre, si è tenuta una nuova riunione del “trilogo”, ossia un nuovo negoziato tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE, per il raggiungimento di un accordo finale per la Direttiva sulle case Green, e ne è uscito quello che tutti speravano.
La Direttiva, specialmente grazie all’azione dei rappresentanti italiani che si sono da subito dimostrati contrari, è stata completamente stravolta, deludendo gli oltranzisti.
Infatti da una prevista riunione da tenersi ad oltranza, ossia in modalità “open ended”, cioè senza limiti di tempo fino al raggiungimento di un accordo tra le parti, dopo sole dodici ore di trattativa, si è arenata e si sono tutti ammorbiditi.
C’è stato un cambio di paradigma ed ha prevalso il buon senso.
Si è arrivati, dopo un più razionale confronto tra le parti e ad eliminare diverse norme, tra cui quella che imponeva l’obbligo di intervenire sugli immobili entro delle scadenze già prefissate e di spostare, dal 2033 al 2050, il raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio energetico degli edifici.
Si è previsto di invitare gli Stati membri ad intervenire, per il raggiungimento degli obiettivi Green, con detrazioni fiscali ed altre azioni economiche che possano spingere perso l’abbattimento dei consumi energetici, ma senza alcun obbligo.
Il trilogo ha deciso di rivedersi a dicembre, dove dovrebbe esserci una svolta, per arrivare al raggiungimento di un accordo definitivo e conclusivo, utile al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico, utilizzando il semplice buon buonsenso.
Quello che alla fine conta è che non ci sarà più alcuna ristrutturazione obbligatoria e, come giustamente detto da alcuni commentatori, c’è stata molta flessibilità e si è “sventata l’ennesima follia green” della Commissione.
Però, se guardiamo l’Italia e la Sardegna, con una grande maggioranza degli edifici residenziali nella classe energetica F e G, è chiaro che il rinvio non è la soluzione, abbiamo ancora un problema, che sarà a lungo termine, ma è sempre un problema su cui bisognerà intervenire.
Certamente la precedente ipotesi era irrealizzabile, arrivare al risultato atteso in meno di dieci anni e per milioni di edifici residenziali, sarebbe stata un’opera ciclopica, senz’altro irrealizzabile.
Possiamo così dire che l’Italia, che da subito si era mostrata fortemente contraria, ha raggiunto il suo obiettivo.
E’ riuscita a far cancellare dal testo della direttiva anche altri articoli controversi, come quello sui mutui green, che impedivano la vendita o l’affitto degli immobili con le classi energetiche più basse ed è riuscita a far eliminare l’obbligo di installare colonnine di ricarica elettrica e di cablare i parcheggi negli edifici residenziali già esistenti.
Alla fine, per il momento, ha prevalso il buonsenso e possiamo dormire sonni tranquilli, ma non per questo dobbiamo abbassare la guardia e continuare a vigilare e stare attenti.
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