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BUDDUSO’ – Il poeta Barore Tucone e i mirabili “artifizi” letterari per la riscoperta di antichi vocaboli

Il grande poeta improvvisatore non amava le rime facili.

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Di Salvatore Satta

     Santa Lughia dae sendhe bimba
ndhe ‘ogaiat dae ojos sa rena,
     sa chi ti canto como ti la timba,
ti selvit de collana e de cadena;
     tue giughes demòniu in sa vena
e ceo giutto un’ànghelu in sa limba;
     ca eo dae sendhe criadura
fia de sos poettes sa postura. 

 

BUDDUSO’ > Il grande poeta improvvisatore di Buddusò, Barore Tucone, non amava le rime facili.

 

In questa sua sottovalutata ottava, ricorre all’italianismo ”bimba” per richiamare alla memoria il vocabolo buddusoino, in disuso e ormai dimenticato, ”timbare” che significa: ricordare.

 

Bimba, col nesso consonantico ”mb”, riporta al canto a tenore  ardo (a Buddusò chiamato ”bimboi”, col nesso ”mb” unito al suffissoide sardiano ”òi” che attesta l’arcaicità preistorica del canto).

 

Bimba è rima debole, essendo un  italianismo, ma, non a caso messa in evidenza con l’esposizione nel primo verso  dell’ottava, acquista potenza cessando la funzione di rima d’appoggio e prendendo il  suo vero significato, rappresentato da uno dei vari suoni gutturali che emette la ”contra” buddusoina (bim-bah, bim-barah, bim-barabbah ecc.) nel canto a tenore.

 

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