Ultimamente si sta tutti a parlare dell’invasione nelle nostre acque del granchio blu, Callinectes sapidus, per via del colore blu elettrico delle sue chele, come che la sua presenza sia stata segnalata nei nostri mari solo di recente. Invece no!
Questa specie era già presente in Italia, con segnalazioni ufficiali già dal 1949 nella laguna di Venezia, ed arrivata nel Mediterraneo direttamente dall’Oceano Atlantico.
Certamente era una presenza sporadica, con poche problematiche territoriali, esattamente all’opposto di quello che sta succedendo ultimamente, dove è diventata una delle specie più dannose per il nostro l’ecosistema marino.
Da noi, in Sardegna, è stata segnalata solo dal 2017 ed esattamente negli stagni dell’Area marina protetta Sinis Mal di Ventre.
Si tratta di una specie aliena ed invasiva, arrivata probabilmente con l’acqua di centina o zavorra delle grandi navi mercantili, dove l’azione diretta o indiretta dell’uomo ha spostato una specie in una zona diversa rispetto al suo ambiente storico, che si è subito adattata al nuovo habitat, anche con salinità inferiore al tre per mille come nelle nostre lagune.
È onnivora ed anche molto aggressiva con le nostre specie autoctone quali bivalvi, vongole, cozze, ostriche, anellidi ed altri, con conseguenti gravissimi danni ai nostri ecosistemi marini e costieri, che tende a colonizzare.
In Sardegna, e non solo, la sua presenza sta creando notevolissimi danni economici alla piccola pesca costiera e lagunare, collegati sia al calo del pescato ma anche alla molluschicoltura ed ai danni materiali sulle reti e sulle varie attrezzature da pesca.
Vero è che dal 2017, anno della segnalazione della sua presenza in Sardegna ad oggi, il granchio blu sta dilagando, specialmente nella costa orientale, da San Teodoro a Posada ed Orosei, ove è fortemente presente dal 2020, per non parlare dell’Algherese, dell’Oristanese o del Cagliaritano, dove sta creando una situazione fortemente allarmante, per tutti gli operatori del settore ittico.
Indubbiamente la lotta contro questo crostaceo è alquanto complicata, ha pochissimi predatori naturali quali tartarughe, pesci, polpi e uccelli, ed ecco perché bisognerà iniziare a pensare nel lungo periodo, dove le specie aliene impareranno a convivere nell’habitat, e non solamente all’attualità.
Cosi come hanno fatto in tantissime altre parti del mondo.
Ma adesso, nel breve periodo, bisognerà intervenire con una lotta che deve essere portata avanti da tutti, sia con i predatori naturali che con l’uomo stesso.
Azione che deve essere portata avanti congiuntamente e trasversalmente, anche con le azioni politiche.
Vedasi la recente azione del Governo centrale, che è intervenuto ai primi di agosto arrivando a stanziare 2,9 milioni di euro per contrastarne la diffusione, a cui si dovrebbero aggiungere altri 10 milioni per l’acquisto di attrezzature di protezione degli impianti di molluschicoltura dai granchi e strumenti di contenimento della specie invasiva, anche se bisognerà capire come e dove gestire questi fondi.
Azione governativa che però, ad oggi, non ha ancora previsto risorse finanziarie per il ristoro dei danni subiti in questi mesi dai pescatori.
Infatti, mentre manca ancora un decreto attuativo, legato ai tempi burocratici, il granchio è sempre presente ed operativo!
Nel frattempo bisogna combattere il granchio ed il principale mezzo di lotta, rappresentato dalla pesca, può essere applicato solo dai pescatori e da tutta la filiera ittica, passando dalla distribuzione, per arrivare alla ristorazione, con un giusto coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, e creare un mercato legato al consumo alimentare.
Proprio come negli USA, nel Maryland e nella Virginia, ove si è dimostrato che una delle migliori forme di eliminazione di questa specie invasiva è proprio quella legata al consumo alimentare.
E qui la cosa diventa alquanto strana, quasi a livello di paradosso, dove mentre da noi la specie viene vista ancora come una specie invasiva, pericolosissima e da eliminare, negli USA viene invece valutata una leccornia per la bontà della sua carne, al pari dell’aragosta, e viene considerata come una specie a rischio, con la pesca che viene addirittura regolamentata per salvaguardarne la specie!
Altro esempio ci viene dalla vicina Tunisia, che esporta mediamente circa 7.600 Ton di granchio blu, per un valore di oltre 24 milioni di dollari, creando un indotto economico ad alto valore aggiunto, sempre per tutti gli attori della filiera.
In sintesi, bisognerebbe iniziare a parlare in quest’ottica anche da noi, in Italia, ma anche nella stessa Sardegna, per essere parte attiva nel dare un bel colpo all’espansione di questo granchio nei nostri mari.
Bisognerà creare la domanda ma, guardando quello che si sta facendo in giro, sembra di essere già sulla buona strada.
Basti pensare che da un singolo esemplare, anche se di notevoli dimensioni, si ricava molta poca carne e che già nei nostri mercati si presenta con prezzi molto importanti, dai 10,00 ai 15,00 €/Kg per il granchio tal quale, mentre per la sola polpa si ha un prezzo quasi proibitivo, arrivando a toccare punte di ben 150,00 euro al kg!
Prezzo al mercato che conferma, ancora una volta, che la sua commercializzazione a livello alimentare può diventare un’ulteriore ed importante entrata fissa e redditizia per l’intera filiera.
Ottima e da segnalare, in questo contesto, l’iniziativa portata avanti dalla Presidente del Parco Tepilora, Marianna Mossa, che in unione con altri enti ed Associazioni locali, ha organizzato per il 23 settembre, una gara di pesca del granchio blu, alla ex peschiera di Posada, per poi cucinarli e portarli a tavola alla fine della giornata.
Per cui, nell’attesa, scarichiamoci ricette varie da internet ed impariamo a cucinarlo, contribuendo anche tutti noi, nel nostro piccolo, alla lotta contro questo crostaceo.
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