Siamo un popolo affamato di energia, ma nel processo di decarbonizzazione in corso e nell’ottica di portare a zero il bilancio di emissioni di gas serra, almeno in Europa, entro il 2050, si sta parlando moltissimo di energie alternative e tra queste dell’agrivoltaico.
Sistema che dovrebbe permettere di arrivare a creare un ambiente più sostenibile, grazie ad una sempre miglior ed efficiente tecnologia, ad un costo inferiore. Miglioramenti tecnologici che si stanno avendo con la nuova generazione di pannelli fotovoltaici, basati su semiconduttori organici e perovskiti, materiali leggeri, le cui efficienze di conversione di potenza hanno permesso di arrivare e spesso superare la soglia del 20%.
Basti pensare che, allo stato attuale delle cose, si prevede che coprendo solo l’1% della sua area agricola con l’agrivoltaico, l’Unione Europea potrebbe raggiungere i suoi obiettivi di capacità fotovoltaica per l’anno 2030, con soli questi dispositivi.
Ed è qui che ci aiuta a capire un qualcosa in più, uno studio appena pubblicato sulla rivista Solar RRL, da accademici del Dipartimento di Fisica, Swansea University Bay Campus, in Gran Bretagna (UK).
Gli autori hanno esplorato l’effetto dei materiali fotovoltaici leggeri e semi-trasparenti posti sulle colture, sviluppando un nuovo strumento che prevede la trasmissione della luce, l’assorbimento e la generazione di energia di diversi materiali fotovoltaici, collocati quasi ovunque sul globo, utilizzando in contemporanea misurazioni geografiche, fisiche ed elettriche.
Strumento che permette di confrontare e selezionare il materiale fotovoltaico più appropriato, in funzione di dove deve essere collocato e basandosi sulle diverse lunghezze d’onda della luce.
Infatti bisogna fare in modo che l’assorbimento della radiazione solare, tramite i pannelli fotovoltaici, sia tale da far passare senza problemi il colore giusto che colpisce le colture, che assorbono principalmente la luce rossa e blu per foto sintetizzare, riflettendo invece quella verde. Ossia il pannello fotovoltaico deve sia assorbire la radiazione corretta per attivare la produzione di energia elettrica, ma deve anche farsi attraversare da quella necessaria ad attivare la fotosintesi clorofilliana per le piante sottostanti.
Ecco perché bisogna correttamente individuare i corretti materiali per realizzare i pannelli fotovoltaici da inserire nel mondo agricolo, per produrre si l’energia elettrica ma che contestualmente abbiano un con effetto minimo o nullo sulla produzione agricola.
E’ indubbio che si siano tante altre cose da considerare, come l’altezza dal suolo o il loro utilizzo o il fornire anche un riparo per il bestiame, che può ridurre i costi di manutenzione approvvigionandosi della vegetazione intorno ai pannelli.
Bestiame da selezionare in maniera molto attenta, in quanto alcune specie, come le capre, potrebbero saltare sui PV e causare danni irreversibili. Ossia bisognerà arrivare ad una produzione energetica da fonti rinnovabili, ma senza compromettere l’approvvigionamento alimentare o le ambientazioni paesaggistiche e le economie delle aree rurali.
E’ chiaro che per gli utilizzatori, ossia per il mondo agricolo, i tempi per far decollare un agrivoltaico su larga scala non siano attualmente maturi, lo stesso mondo della ricerca sta attivamente studiando i materiali migliori da utilizzare, ed è evidente che, ad oggi, ci sia ancora molto da fare per arrivare all’obiettivo comunitario.
Sfortunatamente, nel frattempo, si stanno creando non poche perplessità ambientali, ma anche politiche, spesso vivacizzando gli animi di molti.