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Home Notizie Cultura Il santo più “green”? Giovanni Battista, naturalmente. (36)

Il santo più “green”? Giovanni Battista, naturalmente. (36)

Sardegna simbolica - Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

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Di Lorella Marietti

Sarà perché si nutriva di miele e locuste, come ci dicono gli evangelisti Matteo e Marco, o anche perché prediligeva le metafore agricole come questa: “Fate un frutto degno della conversione” (Mt 3,8). Sarà perché c’è un’erba che porta popolarmente il suo nome, così come le lumachine bianche che a giugno spuntano a grappoli sopra gli asfodeli sono dette Sitzigorreddus de Santuanni.

 

Sarà perché in Sardegna è il patrono dei pastori o dei contadini. O sarà perché viene talvolta chiamato San Giovanni dei Fiori, come testimonia la chiesa di Santu Giuann’e Froris a Oristano o come indica il comparaggio di san Giovanni chiamato anche “goppai e gommai de is froris” (compare e comare dei fiori).

 

Fatto sta che esiste uno stretto legame tra san Giovanni Battista e il mondo vegetale, non solo quando la Sardegna festeggia la sua nascita il 24 giugno, ma anche quando ricorda il suo martirio il 29 agosto.

 

Lo dimostra innanzitutto l’iperico, o erba di San Giovanni (S’erba de santu Giuanni, o Guanne o Juanne, a seconda delle zone), pianta medicinale che fiorisce da giugno ad agosto, aprendo e chiudendo le due feste del santo all’inizio e alla fine dell’estate.

 

Infatti, da un lato, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, l’iperico viene raccolto insieme ad altre erbe officinali per preparare la cosiddetta acqua di San Giovanni dalle virtù benefiche, mentre dall’altro lato si può notare che il significato dell’iperico diventa pienamente chiaro alla luce del 29 agosto, giorno dedicato al martirio del santo, per via di una serie di interessanti simbolismi che collegano la missione del Battista a questa pianta.

 

Del resto l’acqua di san Giovanni, sebbene sia frequentemente associata alle ancestrali feste pagane del solstizio d’estate, alla rugiada degli dei o all’acqua magica delle streghe, è una tradizione presente anche nella Chiesa ortodossa. Qui, come in Sardegna, il 23 giugno i fedeli immergono nell’acqua un mix di erbe officinali da lasciare all’aperto tutta la notte in modo da raccogliere anche la rugiada dell’alba.

 

Poi, nella mattina del 24, il sacerdote ortodosso effettua il rituale di santificazione di quest’acqua (ossia la piccola consacrazione, detta Maloe, in quanto la grande – Velikoe – può essere fatta solo nella festa liturgica del Battesimo del Signore), acqua che può essere utilizzata a casa per la salute dell’anima e del corpo, visto che ai benefici spirituali si aggiungono quelli fitoterapici. Allo stesso modo, fino a poco più di un secolo fa, in diverse zone della Sardegna l’acqua di san Giovanni preparata a casa veniva benedetta dal sacerdote.

 

È lecito supporre che questa tradizione sia stata importata in Sardegna dai cristiani bizantini, insieme al culto dei santi orientali – da san Costantino a santa Greca, da san Basilio a santa Sofia, fino alla Madonna d’Itria (Odigitria) – incluso san Giovanni Battista: la sua Natività è una delle più antiche feste dell’Oriente cristiano ed è venerato pure dai musulmani come Yaḥyā ibn Zakarīyā (Giovanni figlio di Zaccaria) per il fatto di essere un profeta e un uomo di grande statura spirituale e morale, e inoltre è citato anche dallo storico ebreo Flavio Giuseppe nelle sue Antichità Giudaiche, in cui parla della prigionia e del martirio del Battista avvenuti nel 29 d.C. nella fortezza di Macheronte del re Erode, sulla riva orientale del Mar Morto.

 

Ma perché i cristiani hanno unito l’acqua, i fiori e le erbe nella festa di giugno di san Giovanni Battista? Certamente la raccolta delle piante spontanee esiste fin dalla notte dei tempi e proprio il solstizio di giugno è il momento ideale per raccogliere le erbe officinali perché sono al picco del loro periodo balsamico. Tuttavia questo non è ancora riconducibile al Battista, se non per la data della sua Natività, che la tradizione cristiana – poi confermata dai calcoli basati sui rotoli giudaici di Qumran – ha fissato intorno al 24 giugno (data da cui è derivato il giorno di nascita di Cristo poichè tra i due, secondo i Vangeli, intercorrono 6 mesi, con buona pace di chi si ostina a vedere le due natività come due esempi di “cancel culture” pagana).

 

Sicuramente l’acqua è l’elemento chiave del Battista, visto che il suo nome significa letteralmente “il Battezzatore”, e inoltre l’utilizzo dell’acqua santa nella Chiesa ortodossa nasce proprio dal fatto che Giovanni ha battezzato Gesù nel Giordano: grazie a questo evento, secondo l’interpretazione degli Ortodossi, Cristo ha santificato tutte le acque del mondo quando si è immerso e perciò la benedizione liturgica di questo elemento è un modo per rinnovare la divina consacrazione che ha reso l’acqua un mistico strumento di Vita nuova.

 

Per quanto riguarda la ricetta delle erbe officinali, viene facile pensare al monachesimo e al suo ruolo nello sviluppo dell’erboristeria. Infatti, a partire dal VI secolo e fino all’XI secolo, furono numerosi in Sardegna i monaci orientali chiamati Basiliani che avevano preso il loro nome da san Basilio (329-378), fondatore a Cesarea del primo grande ospedale con sezioni separate per le singole malattie e per le diverse cure che erano soprattutto erboristiche.

 

Se poi si considera che, nell’Oriente cristiano, san Giovanni Battista è ritenuto il prototipo e il modello del monaco per la sua vita ascetica, si capisce ancora meglio perchè l’acqua di fiori e piante officinali porti il suo nome: un monaco ante litteram, per di più battezzatore, esprime due volte la valenza di un’acqua vivificante fonte “terapeutica” di rinascita.

 

Oltre a ciò si può ricordare che nella Chiesa antica i nuovi battezzati venivano chiamati neofiti (cioè nuove piante), forse perché Cristo è detto “germoglio di Iesse”, e il loro battesimo avveniva per immersione: due dati che possono ricollegarsi simbolicamente alla ricetta dell’acqua di san Giovanni.

 

Tuttavia la relazione botanica più fortemente simbolica – e perfino mistica – è quella tra san Giovanni e l’erba omonima, il cui nome scientifico è Hypericum perforatum. Il primo motivo, oltre al suo tempo di raccolta a ridosso della festa del santo, è il pigmento oleoso color porpora contenuto nei suoi fiori che tinge le dita di un liquido rosso scuro: il cosiddetto “sangue di san Giovanni”, oggi chiamato ipericina, che nella sensibilità religiosa popolare è stato associato al sangue versato dal Battista. Egli infatti morì decapitato per ordine di Erode Antipa, su richiesta di Salomè e per volere della madre Erodiade, cognata e concubina del re, accusata pubblicamente dal santo.

 

Il secondo motivo riguarda le foglie dell’iperico che, viste in controluce, appaiono tutte bucate (da qui l’aggettivo “perforatum”): si tratta in realtà di ghiandoline traslucide che sembrano forellini, ma questa caratteristica ha ispirato il soprannome di “pianta della flagellazione”. Una definizione che, a ben vedere, si riallaccia a un’antica tradizione popolare: quella relativa a Erodiade che, piena di odio per il Battista, avrebbe infierito dopo la decapitazione sulla lingua del profeta perforandola con una spilla, come a voler trafiggere la verità.

Un secondo significato, poi, può rimandare al corpo flagellato di Cristo e quindi, in controluce, a san Giovanni il Precursore che ha preceduto Gesù nel martirio.

 

A tutto ciò si aggiunge un altro appellativo dato all’ Hypericum perforatum, quello di “Scaccia diavoli”. Una definizione riconducibile di nuovo al battesimo di Gesù per mano di Giovanni, poiché gli Ortodossi hanno contemplato in questo evento un’anticipazione simbolica della discesa agli inferi di Gesù – professata anche nel Credo cattolico –per liberare l’umanità dal giogo del diavolo, e inoltre il sacramento del Battesimo è considerato il primo, naturale esorcismo. Ma c’è dell’altro.

 

Per la Chiesa ortodossa, San Giovanni ha predicato la conversione non solo sulla terra, ma anche nell’ade. Dopo la sua decapitazione, San Giovanni scese agli inferi – rivelandosi il Precursore di Cristo anche in questo – dove tutta l’umanità defunta era tenuta prigioniera, e qui predicò a tutte le generazioni, da Adamo ed Eva in poi, della futura discesa salvifica di Cristo, che sarebbe avvenuta tre anni dopo, con la morte per crocifissione, prima di risorgere.

 

Questi simbolismi confluiscono pure nel nome Hypericum, la cui etimologia è fatta comunemente risalire al greco “sopra l’icona” – da hyper (sopra) ed eikon (immagine, icona) – poiché si ricollega all’antica consuetudine di mettere questa erba sopra le immagini sacre, oppure può anche semplicemente voler dire “al di sopra”.

 

Due significati che sono stati messi in relazione con la definizione di scaccia diavoli: nel primo caso perché il fatto di appendere l’iperico sopra le immagini era considerata una protezione dal nemico numero uno di Cristo, nel secondo caso perché secondo Dioscoride (I sec. d.C.) “al di sopra” indicava una superiorità sul male.

 

Tuttavia si può notare che questi due significati sono anche riconducibili alla descrizione evangelica del Battista, del quale Gesù dice “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11,1), tanto che la Chiesa ortodossa lo glorifica cantando: “Tu che sei al di sopra di tutti i profeti e degli Apostoli del Signore … hai manifestato chiaramente il compimento della legge e l’inizio della nuova grazia” perché era “grande davanti al Signore (Lc 1,15).

 

Anche l’iconografia ortodossa del Battista rimanda a questa idea: infatti Giovanni viene spesso raffigurato con le ali come un angelo, perché egli è definito nei vangeli “il messaggero” (il significato greco del termine angelo) che prepara la via al Signore (Mc 1,2; Lc 7,27).

 

C’è così bisogno di rifarsi alla simbologia non cristiana? O lo facciamo perché abbiamo perso il significato delle nostre radici? Sembrerebbe, invece, che la tradizione cristiana popolare antica conoscesse meglio di noi le Sacre Scritture e l’agiografia in onore dei Santi.

 

Immagine: San Giovanni Battista, chiesa di Santu Giuann’e Froris, Oristano, in fonte web: comune.oristano.it

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