Sta partendo la raccolta delle olive per la produzione dell’olio extra vergine di oliva (EVO), che dopo la ricca annata del 2021/2022, in cui si è avuta una ottima produzione di olio EVO e con prezzi al consumo molto vantaggiosi per il consumatore finale, ci sono ora diversi cambiamenti in arrivo.
La prima indicazione la si è avuta l’anno scorso, annata 2020/2023, dove c’è stata una riduzione del prodotto del 26% rispetto a due anni fa, con una produzione mondiale di soli 2 milioni 505 mila tonnellate di olio EVO.
La seconda è arrivata a maggio-giugno di quest’anno, subito dopo le abbondanti piogge, che hanno creato grossi problemi di impollinazione durante le fioriture e si è subito capito che anche l’annata 2023/2024 sarebbe stata con produzioni abbastanza scarse.
La terza indicazione, a livello internazionale, la si è avuta in Spagna, dove si è messa in mezzo anche la siccità mentre negli altri paesi produttori di olio, ci hanno pensato le abbondanti piogge.
In questa non bella situazione, secondo stime produttive ufficiali del Ministero dell’Agricoltura spagnolo, anche se qualcuno storce il naso, ci interessa da molto vicino, dove per l’annata olivicola 2023/2024, sono attesi quantitativi di olio EVO pari a poco più di 765mila tonnellate, con un +15,3% rispetto alla produzione dell’annata 2022/2023.
Quantitativo che è pur sempre inferiore alla media degli ultimi quattro anni del 34,3%.
Con questi dati si capisce subito che la situazione internazionale, non è per niente rosea.
Guardando il contesto italiano, stando alle ultime valutazioni Unaprol, la produzione complessiva dovrebbe attestarsi intorno alle 290mila tonnellate, pari ad un +20% rispetto all’anno precedente, che era stato di 241 mila tons.
Sembrerebbe un dato positivo, ma lo è solo in parte e nell’immediato, in quanto la previsione si prospetta inferiore dal 30 al 50% ,a seconda delle zone, rispetto ad un’annata di carica.
L’unico fattore positivo è dato che questa valutazione si avvicina alla media dell’ultimo quadriennio 2018/2021, che è di 286mila tonnellate.
Valore che è pur sempre molto lontano dal risultato del 2021/2022, che è stato di 310mila tonnellate.
In ogni caso, sempre secondo le più recenti stime, in questa campagna olearia la produzione italiana verrà salvata dal Sud Italia, dove con un +34% atteso rispetto all’anno scorso compenserà il crollo previsto nel centro nord, del 33%.
Sfortunatamente per l’Italia, non sono ancora stati resi pubblici i dati sulle scorte disponibili.
In ultima analisi, quello che più pesa sulla minor produzione del centro nord, rispetto al sud, è stato il clima, con le incessanti e abbondanti piogge durante il periodo di fioritura.
Certamente la Sardegna, con il suo 1,3-1,5% di produzione nazionale, non può certamente influenzare tale dato, ma una regione come la Puglia, giustamente considerata l’oliveto d’Italia che da sola rappresenta oramai la metà della produzione italiana, e che quest’anno cresce del 50% rispetto all’ostica campagna dell’anno precedente, può invece e giustamente dire la sua.
In ogni caso, anche da noi in Sardegna si attende, ma sempre a zone, una resa importante, non ai livelli di massima carica, ma a livelli più soddisfacenti, sia come quantità ma specialmente come qualità.
Con queste previsioni è evidente il rischio che tra le scarse giacenze esistenti e la nuova produzione attesa, l’olio EVO presente possa non essere sufficiente a soddisfare tutte le richieste del mercato, con conseguenti aumenti di prezzo, per tutte le categorie di olio.
Aumento di prezzo che, secondo diversi analisti, comporterà un calo della domanda di circa 20 punti percentuali, con il forte rischio di disaffezionare i normali consumatori, verso altre tipologie di oli vegetali, con evidenti danni per gli anni a seguire.
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