Sempre più si parla di Intelligenza Artificiale, di smart agrifood e di agricoltura 4.0 o di precision farming, tutti termini utilizzati per l’utilizzo di nuove tecnologie digitali per agevolare il lavoro manuale nelle campagne e favorire un maggior reddito agli imprenditori del settore.
Ma il mondo agricolo in che modo vede questa rivoluzione tecnologica, la percepisce come un vantaggio od una perdita, sia di tempo che di reddito?
A rispondere a questi quesiti, e ad altri, ci ha pensato l’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano in collaborazione con il Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, che hanno fatto notare che, nonostante la buona volontà ci si trova ad avere a che fare con una superficie servita molto ridotta, nell’ordine del 3-4%, a dimostrazione che ci sono ancora moltissimi spazi di manovra.
Infatti, se si pensa a come era la situazione nel 2019, quando erano presenti circa 400 soluzioni digitali e le imprese, quasi tutte considerate start up, nel 2023 le proposte sono raddoppiate, passando a oltre 1.000 prodotti, con circa 400 aziende produttrici.
Soluzioni basate prevalentemente sull’utilizzo di software gestionali, coti come DSS (Sistemi di supporto alle decisioni) e di monitoraggio dei mezzi e delle attrezzature o coltivazioni, anche se non bisogna trascurare la comparsa di nuove piattaforme per l’integrazione dei dati, principalmente a supporto ed ottimizzazione di quanto già esistente in azienda.
Specialmente per le aziende più virtuose e meglio strutturate, spesso già fruitrici di queste nuove tecnologie.
La cosa certa è che il numero di imprese beneficiarie delle soluzioni 4.0 cresce sempre più, sia per l’ottimizzazione del flusso produttivo aziendale, sia per una maggior reddittività dell’impresa, ma anche perché le agevolazioni finanziarie, visti gli alti costi, sono sempre più presenti, sia con modalità nazionali che regionali.
Certo è che la superficie gestita da sistemi 4.0 è cresciuta, passando dall’1% del 2019 al 9% del 2023, con una superficie coperta pari a circa 750 mila ettari.
Certamente l’introduzione e l’integrazione dei processi di agricoltura 4.0 e complessivamente nei principali sistemi di gestione del settore primario, sta consentendo di valutare e classificare i benefici attesi in diverse realtà aziendali, spesso ancora troppo disomogenee, per valutare le migliori strategie di introduzione dell’innovazione.
In generale si può affermare che i benefici attesi sono:
1. Ottimizzazione dell’efficienza produttiva e qualitativa;
2. Riduzione dei costi aziendali;
3. Ottimizzazione degli input, minimizzando gli impatti ambientali;
4. Creazione di nuove opportunità imprenditoriali quali aziende di consulenza, contoterzismo e innovation broker.
Se guardiamo alla Sardegna, dove è evidente la situazione di debolezza economica e strutturale dell’intero sistema agricolo sardo come anche le macroscopiche esigenze di ammodernamento aziendale, l’adozione di queste innovazioni (Agricoltura di Precisione e conservativa) con mezzi di produzione e strumenti tecnologici sono ancora poco diffuse.
Certamente il loro inserimento, da un punto di vista ambientale, contribuirebbe anche alla riduzione degli effetti negativi dell’agricoltura sull’ambiente, limitando la dispersione di fitofarmaci e fertilizzanti e contribuendo alla conservazione del contenuto di sostanza organica nei suoli.
Però è fondamentale pensare anche al miglioramento della redditività delle aziende agricole, salvaguardando nello stesso tempo le caratteristiche di sostenibilità ambientale dell’agricoltura sarda, altrimenti l’imprenditore agricolo sardo non investirà mai in queste nuove tecnologie e si continuerà a muovere con “su connottu” come nel passato.
La conferma si è avuta proprio di recente, quando con l’apertura del bando della sottomisura 4.1 “Precision Farming” del 26.09.2023 alla scadenza del 31 gennaio 2024, sono state presentate solo 64 domande e richieste di contributo che non coprivano la disponibilità finanziaria di poco superiore ai 6,2 milioni di euro, con risorse residue pari al 13%.
Ossia l’imprenditore agricolo è disposto ad investire in queste tecnologie innovative, ma deve avere la sua convenienza
Certamente si andrà indubbiamente verso un sempre maggior utilizzo delle tecnologie 4.0, ma al momento si è ancora in una fase di “conoscenza” e di un loro scarso utilizzo, anche se si spera in una crescita e netto miglioramento nel breve e medio termine.