In questi giorni a Pau, in provincia di Oristano, si celebra la festa di santa Prisca (o Priscilla), martire romana. È difficile stabilire la vera identità di questa santa, perchè le varie notizie che la riguardano si riferiscono a tre donne diverse: una Prisca del I secolo (Acta Sanctorum), una del III secolo (Acta S. Priscae) e quella Priscilla moglie di Aquila citata più volte nelle Lettere di san Paolo e negli Atti degli Apostoli.
La tradizione accolta da Pau è quella degli Acta Sanctorum che raccontano di una fanciulla tredicenne martirizzata durante l’impero di Claudio, il quale regnò dal 41 al 54 d. C., e venne sepolta nelle catacombe di Priscilla, le più antiche di Roma.
È interessante notare che nella chiesa parrocchiale di Pau si hanno testimonianze scritte del culto per la giovane santa Prisca a partire dal XIV secolo: questo indica che a Pau la devozione precede di tre secoli la raccolta degli Acta Sanctorum, avviata nel XVII secolo dai Gesuiti.
Poiché gli Acta Sanctorum dicono che anche i coniugi Aquila e Prisca, collaboratori di san Paolo, subirono il martirio e vennero sepolti nelle medesime catacombe, l’archeologo ed epigrafista Giovanni Battista de Rossi (1822-1894) ritiene che la fanciulla martire sarebbe stata la loro giovane figlia.
Di sicuro le due Priscille sono state venerate insieme a Roma, tant’è che sono raffigurate entrambe nei dipinti della chiesa romana intitolata a santa Prisca nel 112, sorta su una casa del I secolo tradizionalmente associata a quella dei due santi coniugi che accolsero sotto il loro tetto la prima comunità cristiana romana, fatto di cui si fa menzione negli Atti degli Apostoli e in tre Lettere di san Paolo.
A Pau i festeggiamenti sono iniziati domenica 1 settembre e continuano fino al 3, il fulcro è la processione con la statua della santa che si sposta dalla chiesa parrocchiale al centro del paese fino alla chiesetta campestre. Molto singolare la cerimonia del bacio che si svolge allo scoccare della mezzanotte del primo giorno, chiamata “Su giru de sa prama”, nel corso della quale i presenti mostrano la loro devozione alla piccola Prisca pregando Is Coggius e baciando la palma d’argento che la rappresenta.
Poiché, da un lato, la palma è il simbolo dei martiri cristiani, e dall’altro lato la chiesa di Pau non ospita reliquie di santa Prisca, questo gesto sembra richiamare simbolicamente l’antichissimo bacio alle Reliquie dei martiri, qui sostituite allegoricamente dalla palma d’argento.
Del resto il bacio è una delle prime forme di devozione popolare e appartiene a quel linguaggio umano non verbale che si esprime anche nel culto cristiano. Dal bacio a statue e immagini sacre, al bacio degli anelli nuziali prima di essere scambiati e inseriti nel dito, fino al bacio della bara al momento dell’ultimo saluto. Il bacio rituale è anche tipico della liturgia, come indica il bacio al Vangelo dopo che è stato proclamato, o il bacio alla croce nella Messa del venerdì santo, o il bacio del piede durante la lavanda del giovedì santo.
Il bacio è anche la prima forma di saluto tra i cristiani, già san Paolo scriveva: «Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio» (Romani 16,16) e san Pietro lo chiamava «un bacio d’amore fraterno» (1Pietro 5,14). San Giustino, martire del II secolo, riferisce che i cristiani usavano darsi un bacio fraterno prima della Santa Cena Eucaristica. Nelle Costituzioni Apostoliche, documento paleocristiano, si legge: «gli uomini diano agli uomini, e le donne alle donne, il bacio del Signore. Ma nessuno lo faccia con inganno, come Giuda tradì il Signore con un bacio».
Sant’Agostino descrive il bacio come segno di pace durante la Messa: «si dice il ‘Pace a voi’ e i cristiani si abbracciano con il bacio santo. Questo è un segno di pace; come indicano le labbra, sia fatta pace nella tua coscienza, cioè quando le tue labbra si avvicinano a quelle del tuo fratello, non lasciare che il tuo cuore si allontani dal suo».
Dal momento che il bacio è un segno di comunione, il gesto di baciare il contenitore di una Reliquia, o il suo simbolo come nel caso della palma d’argento di santa Prisca, sembra dire che quel santo o quella santa è ancora presente nella comunità, continua a farne parte, come quando si bacia una persona cara per accoglierla o per salutarla, e infatti nel cristianesimo si parla di “comunione dei santi” che unisce le vite terrene a quelle celesti. Secondo i teologi, poi, è anche un riconoscimento del fatto che la santità non riguarda solo lo spirito, l’anima di una persona, ma è santo pure il suo corpo e ciò che ne rimane nel tempo.
Esiste anche una lunga tradizione di interpretazione mistica del bacio. Ad esempio san Bernardo di Chiaravalle, nel suo Sermone n. 8, interpreta la Trinità come un bacio dato dal Padre al Figlio nello Spirito. Nella religione ebraica si dice che le parole della legge di Dio furono date attraverso un bacio, e inoltre si crede che certi giusti come Mosè furono sottratti all’agonia e alla morte e lasciarono questa terra nel rapimento estatico del bacio di Dio.
C’è poi tutta una mistica nuziale del bacio, sviluppatasi a partire dagli sposi del Cantico dei Cantici: meditando questo libro, i Padri della Chiesa hanno visto nello sposo una figura del Cristo e nella sposa una figura dell’anima, o della Chiesa, che desiderano unirsi in un amore eterno, in particolare quando la sposa chiama lo sposo perchè «mi baci con il bacio della sua bocca» (1,1) e invoca quell’amore che è una fiamma del Signore più forte della morte (8,6).
In questo filone di sposalizio mistico può essere collocata anche santa Prisca, perché l’aver coronato il suo amore e la sua fedeltà a Cristo con la palma del martirio, la inserisce a pieno titolo tra le altre spose mistiche come santa Agnese o sant’Agata che si sono donate a Dio fino alla morte eroica. Anche l’orario scelto per “Su giru de sa prama”, la mezzanotte, richiama questa idea perché nel Vangelo lo sposo arriva a mezzanotte (Matteo 25,6), tant’è che i primi cristiani celebravano i loro matrimoni proprio a quest’ora. I devoti di Pau, allora, sembrano quasi partecipare, nella fede e nella preghiera, alle nozze mistiche della loro santa e alle copiose grazie che ne derivano secondo la tradizione.
Il nome Prisca significa “prima” e la tradizione cristiana vi ha colto un segno profetico a proposito di un primato mistico, perché la santa tredicenne sarebbe stata la prima donna in Occidente a testimoniare col martirio la sua fede in Cristo.
Anche l’altra Prisca, quella famosa nominata nelle Sacre Scritture e possibile sua genitrice, sembra avere un primato degno di nota. Infatti gli studiosi hanno osservato che, sebbene lei e il marito Aquila siano entrambi collaboratori di san Paolo, la donna sembra avere un’importanza maggiore. Ciò emerge dal fatto anormale per l’epoca – e perciò ancora più significativo – che, nelle 6 volte in cui è menzionata, il suo nome è anteposto per 4 volte a quello del marito Aquila (Rm 16,3; At 18,18 e 18,26; 2Tm 4,19). Secondo le regole di quel tempo, il nome citato per primo indicava la maggiore preminenza o celebrità e di solito questo posto spettava a persone di sesso maschile.
Immagine: Statua di Santa Prisca, chiesa omonima, Pau (OR), fonte web: Catalogo Generale dei Beni Culturali.