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Dall’iperico all’ontano, si chiude il ciclo di san Giovanni. (37)

Sardegna simbolica - Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

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Di Lorella Marietti

Ultima festa dell’anno per san Giovanni Battista, altro legame con il mondo vegetale.
Dopo l’iperico di giugno, ecco l’ontano di fine agosto. Si raccoglie per allestire Is carrus de s’àlinu – o Is carrus de s’àbiu nel linguaggio parlato – cioè i carri dell’ontano che sfilano a Pabillonis nel Medio Campidano per festeggiare il santo.

È una processione unica nel suo genere perché nell’allestimento delle traccas, vere e proprie roulotte ante litteram trainate da buoi immensi, si utilizzano solo frasche di ontano, albero che fino a qualche decennio fa era presente lungo le rive del “Bel fiume” (Flumini Bellu) che scorre vicino al centro abitato pabillonese.

Ma perché proprio l’ontano? La risposta intreccia devozione, storia e tradizione. Se la devozione è antica almeno quanto la chiesa romanica medievale del paese intitolata a san Giovanni Battista, la storia ci porta invece nel 1584, quando Pabillonis venne attaccata e saccheggiata dai predoni saraceni. Durante questo assalto, documentato da storici della Sardegna come Massimo Pittau e Vittorio Angius, si salvò solo una parte della popolazione mentre tutti gli altri abitanti vennero catturati e portati prigionieri in Africa.

Secondo su contu antìgu, quelli che si salvarono si erano rifugiati tra gli alberi di ontano sulle sponde del fiume di Pabillonis e qui avevano pregato fervorosamente san Giovanni Battista affinchè i predoni non li trovassero, scampando miracolosamente il pericolo. Così, da allora, ogni anno, in occasione della festa di agosto di Santu Juanni, la comunità pabillonese ringrazia il suo protettore con la processione dei carri dell’ontano, richiamando nei giorni della festa una folla numerosa composta anche da forestieri.

Si può notare che l’ontano, così come l’iperico, ha delle affinità simboliche con la figura di san Giovanni Battista. La prima analogia riguarda lo stretto legame con l’acqua: non solo perché incontriamo entrambi sulle sponde di un fiume, ma anche perché il santo, come dice il suo nome, è colui che battezza e «baptizeis» in greco significa «immergere», così come il legno di ontano è quello con cui storicamente si realizzavano le opere immerse nell’acqua, dalle palafitte alle fondamenta dei palazzi di Venezia, perché questo legno ha la particolarità di diventare durissimo a contatto con l’acqua.

Un’altra similitudine è rintracciabile nell’etimologia dell’ontano stesso, il cui nome scientifico “Alnus” deriverebbe da una radice indo-europea che significa “sorgere”, “alzarsi”: questo significato ha fatto sì che l’albero venisse associato a un’idea di rinascita spirituale, idea che evoca nuovamente il battesimo poiché, come scrive san Paolo, l’immersione nell’acqua è simbolo del seppellimento nella morte di Cristo, dalla quale si risorge insieme con lui come nuove creature (2Cor 5,17; Gal 6,15).

Infine gli ontani, per via del loro habitat “misto” fatto di terra e acqua, sono sempre stati considerati elementi di un mondo “di confine”, di raccordo tra la sfera terrena e quella spirituale. Alberi che svolgono una funzione di mediazione, amplificata dal fatto di essere impiegati nella costruzione di ponti reali che richiamano altri ponti di tipo immateriale.

Il Battista è presentato con lo stesso dualismo: è chiamato nella Chiesa Ortodossa “uomo celeste e angelo terreno” ed è ritenuto la linea di confine tra i due Testamenti, “il mediatore della Vecchia e Nuova Legge”, colui che collega l’Antico e il Nuovo Testamento.

A Pabillonis i festeggiamenti di quest’anno sono iniziati il 27 agosto con il taglio de s’abiu – che ora, poiché l’ontano non è più presente nel territorio pabillonese, avviene ad Arbus con un intervento coordinato dal Corpo Forestale – a cui ha fatto seguito il trasporto in paese per la benedizione delle frasche prima di iniziare gli allestimenti. Il 28 sera e il 29 mattina si è svolta la solenne e scenografica processione dei Carrus de s’Abiu per le vie del paese, il 30 sono stati premiati i carri più belli e, infine, con le manifestazioni civili del 31, ecco la conclusione dei festeggiamenti.

Immagine: In dettaglio, il retro di un carro. Frasche di ontano e oggetti della tradizione agricola pastorale sarda. Fonte web: Wikimedia Commons.

 

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