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CULTURA – Epifania, i Re Magi e il giorno dei doni

✅ Nel giorno dell’Epifania, tutti offrivano qualcosa agli altri senza distinzione di censo

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Di Salvatore Satta

Anche la Sardegna, un tempo, aveva il suo giorno dei doni. Era un giorno in cui erano coinvolti soprattutto i pastori e i contadini. Come nel resto del mondo, era un giorno che aveva un riferimento biblico, ma non era il Natale di Gesù bambino.

 

Si trattava, invece, dell’Epifania del Signore: il giorno in cui i Re Magi portano oro, incenso e mirra in dono al Bambinello divino. A Natale si poteva rimanere senza regali e festeggiare lo stesso la solennità, ma nel giorno dell’Epifania, tutti offrivano qualcosa agli altri senza distinzione di censo, raggiungendo, così, una sorta di agognata uguaglianza comunitaria.

 

I pastori regalavano carne, colostro, latte, ecc. ; i contadini regalavano prodotti della terra, miele, olio ecc. Ma in questa gara a chi era più generoso, non potevano mancare le donne, che preparavano dolci per l’occasione.

 

L’Epifania, in lingua Sarda, con nome che richiama proprio il dono, si chiama: ‘’Sas Bolostrinas’’, che altro non è che la contrazione di ‘’sas bonas istrinas’’ (i buoni doni, i buoni regali), derivato da ‘’istrinare’’ (donare, regalare). In realtà, in Sardegna, esisteva anche un altro giorno dedicato allo scambio dei doni ed era il giorno in cui si uccideva il maiale domestico (”su polcu”, ”su mannale”) allevato per le provviste invernali della famiglia.

 

Tradizionalmente ucciso in giorni freddissimi, e preferibilmente l’8 di dicembre, festa dell’Immacolata, con tutte le vie del paese profumate dell’elicriso (localmente chiamato a Buddusò ‘’calaccasu’’) utilizzato per abbruciarne le setole, le carni più buone e saporite del maiale, per esempio ‘’sa costa tènnera’’ (la costola tenera), e le bistecche, e le parti adiacenti la spina dorsale erano destinate ad essere regalate.

 

Infatti costituivano ‘’s’ispinu’’ e veniva offerto a parenti, amici, autorità locali varie, senza guardare alle condizioni economiche né di chi offriva, né di chi riceveva, ma di cui tutti ne facevano un punto di onore. Molte volte, delle carni del maiale rimanevano soltanto le parti necessarie per le provviste familiari, mentre tutto il resto veniva dato in dono.

 

Tutto ciò che veniva donato si chiamava ‘’imbiada’’.

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