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Le spose di Santu Anni a Quartu: alla ricerca del simbolo perduto. (33)

Sardegna simbolica - Una rubrica dedicata alla spiritualità del popolo sardo

Spose festa di San Giovanni di Luglio

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Di Lorella Marietti

A Quartu si celebra nell’ultima settimana di luglio la seconda festa di san Giovanni Battista, dopo quella del 24 giugno. La ricchezza del suo apparato rituale e cerimoniale ne fa una delle espressioni più interessanti del panorama tradizionale sardo, sebbene meno conosciuta rispetto ad altre feste popolari dell’isola.

 

La minore notorietà potrebbe forse essere imputata, almeno in parte, al fatto di svolgersi in una vasta realtà urbana considerata meno conservativa in confronto alla Sardegna centrale, come osserva la ricercatrice Susanna Paulis nel suo libro dedicato a questa sentita ricorrenza quartese.

 

Eppure si tratta di una festa molto antica, nata nel 1600 e tramandata integra grazie alla Sotziedadi de Santu Anni, la Società di San Giovanni, i cui membri hanno continuato nei secoli a occuparsi della sua organizzazione con una serie di cerimonie davvero singolari.

 

Gesti antichi come il rituale di Sa Mesa per l’elezione di S’Obreri, il presidente a cui spetta l’onore e l’onere di curare tutti gli aspetti della festa (i trabballus de Santu Anni) con gli obrieri di Compagnia (sa Cumpangia de s’obbreri).

 

Canti secolari come i gòccius devozionali e i mutettus de trallallera eseguiti da 7 ragazze adolescenti, abbigliate con i costumi tradizionali della sposa quartese, che hanno il compito di scandire le diverse fasi della festa inneggiando al santo e chiedendo la sua protezione su tutti i partecipanti.

 

Capolavori di artigianato come i 7 croccanti (gattò) monumentali fatti a mano e i teli lavorati all’uncinetto per l’allestimento della splendida tracca a forma di nave che sfila in solenne processione, accompagnata da carri e calessi, verso la chiesa campestre di Sant’Andrea.

 

Una tradizione suggestiva che si rinnova da oltre 400 anni, la cui ricchissima simbologia è interpretata perlopiù in chiave di religiosità precristiana, come se la festa non avesse un’origine propria ma fosse una reminescenza di antiche celebrazioni pagane ispirate al culto di Cerere, Fors Fortuna, Parilia, Adone e Giano.

 

Un substrato che, di conseguenza, sarebbe stato rielaborato a Quartu nel XVII secolo dalla Società di San Giovanni, una delle forme associative cristiane appartenenti a quel variegato filone delle formazioni confraternitali che iniziarono a diffondersi a partire dal Medioevo, molte delle quali composte da devoti ad un santo particolare e legate anche alle corporazioni dei mestieri.

 

Davvero la tradizione quartese della festa di Santu Anni sarebbe semplicemente un adattamento cristiano di rituali religiosi più antichi? Oppure esprimerebbe anche una simbologia cristiana trascurata che sarebbe interessante recuperare come componente del patrimonio identitario originale?

 

Davvero il retaggio della festa di Santu Anni è quello dei culti pagani basati su una concezione ciclica del tempo e delle stagioni tipica delle società agropastorali precristiane? Di sicuro la festa quartese di Santu Anni è stata gestita sin dall’inizio dal ceto pastorale e organizzata ad anni alterni dai brebegaxus (i pastori di pecore) e dai crabaxus (i caprai). Ancora oggi i membri della Sotziedadi de Santu Anni sono discendenti dalle famiglie che vivevano un tempo di pastorizia, attività oggi quasi del tutto scomparsa nel territorio, e sono fieri di tramandare l’antico rituale.

 

Occorre però dire che san Giovanni Battista è il patrono dei pastori, in molti Comuni sardi e non, in virtù del ritratto che ne fanno i Vangeli (Mc 1,6; Lc 7,24) e dunque indipendentemente dai rituali agropastorali pagani, tant’è che nell’arte il santo è da sempre raffigurato con una pelle di pecora indosso e gli elementi più caratterizzanti sono un medaglione in cui è raffigurato l’agnello, simbolo di Cristo, e una croce a cui è legato un nastro con la scritta Ecce Agnus Dei (Ecco l’Agnello di Dio), dal momento che è proprio il Battista a riconoscere e additare il Cristo sulle rive del Giordano (Gv 1,29).

 

Un altro riferimento precristiano sarebbe stato individuato nell’insolita tracca a forma di nave, che richiamerebbe i festeggiamenti mediorientali collegati ad Adone poichè prevedevano il trasporto del simulacro del dio in imbarcazioni rituali. Tuttavia nella tradizione cristiana la barca simboleggia la Chiesa intera, sia per via della barca di Pietro su cui sale Gesù, sia per l’arca di Noè che la prefigura, immagine di cui Pascal diceva: «Fa piacere trovarsi su un vascello sballottato dalla tempesta quando siamo sicuri che non affonderà». Il concetto lo si ritrova nel termine “navata” utilizzato per indicare gli spazi interni delle chiese.

 

Per quanto riguarda le 7 adolescenti sontuosamente vestite da sposa quartese, è stato ipotizzato un legame con gli antichi sacrifici fenici di 7 vergini coperte d’oro. Si può però notare che le 7 fanciulle quartesi, investite del compito di inneggiare al santo, sono chiamate traccheras e ciò non sembra essere casuale.

 

Infatti il loro nome deriva dal carro che le trasporta e, ritornando alla simbologia cristiana, si avrebbe l’allegoria della tracca-nave-Chiesa che reca al suo interno le 7 traccheras-chiese. Immagine figurata che si ricollegherebbe sia ai 7 gattò di mandorle e zucchero a forma di chiese, sia all’abbigliamento nuziale delle ragazze.

 

Infatti, da un lato, i 7 gattò monumentali riproducono tradizionalmente edifici sacri con cupole sormontate da croci e ostensori e altri elementi architettonici come colonnati, cappelle e nicchie con statuine del santo. E dall’altro lato, poiché nella simbologia cristiana lo sposo è il Cristo, la sposa è l’anima che ama il Verbo di Dio ma è anche la Chiesa universale che si unisce a Cristo. Dulcis in fundo, Santu Anni è definito nel Vangelo «l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta» (Gv 3,29) e s’obbreri ne fa le veci.

 

La simbologia delle 7 chiese/spose contiene anche rimandi al Libro dell’Apocalisse, dove le 7 chiese rappresentano la Chiesa intera, poiché il numero “sette” esprime la totalità, e la Chiesa è qui definita “sposa” (Ap 22,17).

 

Un altro suggestivo richiamo biblico può essere intravisto nell’altro dolce tipico di questa festa quartese: i piricchittus de bentu, nome che evoca il soffio di vento, simbolo dello Spirito di Dio. Secondo la tradizione questi dolci discendono sulla folla in uno specifico momento della festa e lo Spirito è proprio come il vento che soffia dove vuole (Gv 3,8). Già nell’Antico Testamento lo Spirito del Signore è rappresentato dal vento d’oriente che scuote le navi, anche quelle più imponenti.

 

Sorge spontanea una domanda: la sensibilità cristiana e la creatività del popolo quartese potrebbero aver trasformato questi simboli biblici in dolci peculiari, in una tracca unica nel suo genere, in rituali singolari? La risposta potrebbe essere affermativa se si considera che, un tempo, i membri delle società e delle confraternite cristiane ricevevano una formazione spirituale e biblica approfondita e costante, che potrebbe aver ispirato l’apparato rituale e simbolico giunto fino a noi.

 

Sarebbe interessante poter approfondire questi simbolismi con l’aiuto di specialisti del cristianesimo (confraternitale, liturgico, ecc) per avere uno sguardo completo sulla festa di Santu Anni che non può limitarsi alla visione pagana. Interessanti sorprese potrebbero emergere dalla consultazione delle fonti documentali della Società di San Giovanni, incluso il patrimonio secolare dei loro inni.

 

In tal senso le parole di uno di questi inni suonano bene come auspicio per il pieno recupero di radici e significati:

Una bella cantzoni / Oi deppu intonai. // Non deppit morri mai / Sa bella traditzioni.

Una bella canzone / Oggi devo intonare. // Non deve morire mai / La bella tradizione.

 

Un teologo cristiano del III secolo, Ippolito di Roma, che secondo il Liber Pontificalis sarebbe stato deportato proprio in Sardegna, esprimeva lo stesso concetto nella sua opera intitolata “La tradizione apostolica”:

 

« (…) quanti saranno ben istruiti sulla tradizione finora conservata, seguendo la nostra esposizione, la mantengano in vita, resi più sicuri dalla sua conoscenza ed evitino l’errore in cui si è caduti di recente per ignoranza e per colpa degli ignoranti. Lo Spirito Santo, difatti, concede a coloro che hanno una retta fede la grazia perfetta di sapere in che modo coloro che sono a capo della Chiesa debbano insegnare e salvaguardare l’intera tradizione».

 

Immagine: La Tracca e le Traccheras, Festa di Santu Anni a Quartu, in fonte web: Pagina Facebook Festeggiamenti San Giovanni Battista.

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