I social e la visibilità (con conseguente rintracciabilità), a volte voluta, altre meno.
Parliamo spesso di privacy, tuoniamo contro il sistema che ci controlla, scriviamo “non autorizzo”… formula che ricorda un poco il rito del battesimo, la formula del “rinuncio”.
Poi postiamo di tutto; piatti, escursioni, viaggi (in incognito o meno), nuovi acquisti, macchine, partners e troppo spesso, purtroppo, anche bambini.
Fino ad arrivare a situazioni paradossali.
E’ emblematico il caso, clamoroso, agli onori della cronaca giudiziaria di questi giorni.
Scrive sui social “sono latitante, come Totò Riina”… e i carabinieri lo rintracciano e lo arrestano, titolano oggi i quotidiani di tutta Italia.
Siamo all’assurdo.
Dipendenti in malattia che si fanno fotografare in contesti pubblici, amanti scoperti, persone che dicono di essere da una parte e poi si fanno fotografare da un’altra, solitamente più gradevole.
Non riflettiamo abbastanza sul fatto che la memoria dei social è, se non eterna, quantomeno a lungo termine.
Molto lungo.
I post di oggi potranno essere visti tra anni dai nostri figli, datori di lavoro, colleghi, partners.
Siamo sicuri che sia proprio il caso?
“Meditiamo gente, meditiamo”